Si può decidere di celebrare questa giornata con la retorica del già sentito, esponendo una bandiera tricolore, cantando un noto inno di appartenenza, ormai ridotto a slogan da balcone.
Si può ascoltare il racconto di qualche raro sopravvissuto alla barbarie nazifascista, di chi ebbe il coraggio di mettere a repentaglio tutto per un bene più grande, di scegliere il “Noi” al posto del sempre presente “Io”.
Si può parlare di grandi ideali, di monumenti ai caduti e partigiani delle montagne. Si può citare il famoso discorso di Calamandrei o il Gaber di “…essere vivo e felice, solo se lo sono anche gli altri.”
Si può parlare di vittime e carnefici, chiaroscuri e sfumature.
Si può addirittura ridurre questa festa a un “E tu? Da che parte stai?”
Eppure, in questo tempo sospeso e inedito, la parola “Liberazione” ha un profumo diverso e può assumere significati più profondi: ci interroga!
Col pensiero rivolto a chi ha sacrificato la propria vita per un bene più grande, realizzato o meno che sia, mi pongo queste domande:
Quale dittatura violenta e autoritaria devo combattere?
Che cos’è quella forza subdola che mi ingabbia ancora e rendendomi distanti gli uni dagli altri? Da cosa devo ancora “liberarmi”?
Buona Resistenza a tutti!